Dopo Vollard, Teriade, “Les Bibliophiles du Palais”, le “Éditions du Rocher”, le “Éditions De L’Herne”, “Maeght Èditeur”, “Les Imprimeries Mourlot” e la “Casa editrice Julius Bard”, otto grandi editori del Novecento, entra sulla scena lucana, l’editore Paul Cassirer (Berlino 1871 – Berlino 1926). Nella fase iniziale dell’arte moderna Paul Cassirer, noto collezionista tedesco, fu uno dei maggiori promotori d’arte a Berlino. Qui fondò una galleria d'arte e una rivista, entrambe con sede al primo piano della propria casa presso Viktoriastrasse al n°35. Grazie alla sua attività promosse e fece conoscere artisti come Lovis Corinth, August Gaul, Ernst Barlach, Oskar Kokoschka e Max Liebermann. Nel 1909 divenne proprietario di una casa editrice, con la quale pubblicò opere divulgative in favore degli artisti dell'Espressionismo e delle altre avanguardie artistiche dell'epoca. Aspetto importante della sua attività editoriale fu coniugare l’arte figurativa e la letteratura. Le immagini non dovevano essere ammirate solo come decorazione dei testi, ma anche come opere d’arte a se stanti. Nacquero così veri e propri capolavori dell’arte libraria, non ultimo questo di Pechstein, frutto di un viaggio, compiuto nel 1914, e per la prima volta esposto in Italia.
In controcanto, come è già avvenuto per Renoir - Gentilini, per Bonnard - Strazza, per Matisse – Accardi, per Dufy – Ciarrocchi, per Picasso – Consagra e per Calder – Melotti, il MIG, mediante le 50 puntesecche tratte dal volume “Croquis du front italien”, edito a Parigi nel 1917, si propone di segnalare, con Anselmo Bucci (Fossombrone 1887 – Monza 1955) pittore, incisore e scrittore, quanto gli italiani abbiano studiato gli artisti europei. La raccolta “Croquis du Front italien” è una tra le opere più significative elaborate in seno alla Grande Guerra. L’artista-soldato, mobilitato nel Battaglione Lombardo V.C.A, ha rappresentato, in questa raccolta, un segmento della propria storia personale e al contempo della storia collettiva italiana. I numerosi studi che realizzò nel corso di queste operazioni, dando sfogo all’impetuoso desiderio che lo spingeva a “indefessamente disegnare” (come di lui ebbe a dire Marinetti nel periodo in cui erano di stanza a Peschiera), costituirono i modelli preparatori da cui trasse gran parte delle stampe alla puntasecca dei “Croquis”. Si trattava di una tecnica di cui aveva già sperimentato le possibilità segniche e formali nelle serie francesi e che prediligeva, poiché gli consentiva di lavorare direttamente sulla lastra, senza passaggi intermedi, senza l’impiego di acidi, con la sola forza della mano. Dell’impeto ispiratore che lo aveva spinto a trascrivere l’avvicendarsi dei casi (dalle situazioni terribili, insidiose, agli attimi tesi e sfibranti, alternati alle pause tranquille e rilassate, ai momenti di stasi dopo lunghe marce forzate), si conserva traccia nella differente qualità del segno, spesso pervaso da un forte dinamismo.