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In mostra a Rieti otto presepi d’artista conservati nel museo di Castronuovo Sant’Andrea

 

La Basilicata nuovamente protagonista nel programma “Valle del primo presepe” con alcune delle più prestigiose opere di arte contemporanea conservate nell’ambito del Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller” di Castronuovo Sant’Andrea (PZ).

All’interno del vasto cartellone di iniziative organizzate dalla Diocesi di Rieti in collaborazione con l’Ordine dei frati minori e i Comuni di Greccio e Rieti, con il sostegno della Fondazione Varrone e della Regione Lazio, l’Agenzia di promozione territoriale della Basilicata ha promosso la mostra di otto presepi d’artista che dal 26 novembre 2022 al 2 febbraio 2023 saranno esposti nel Salone Papale di Rieti.

“Si tratta di una iniziativa – afferma il direttore generale di Apt, Antonio Nicoletti – finalizzata ad inserire l’arte presepiale lucana o ispirata alla Basilicata nel vasto quadro di celebrazioni per l’ottavo centenario francescano in programma fra il 2023 e il 2026 e che culminerà con il Natale del 2023 per ricordare l’anno in cui San Francesco concepì il primo presepe, nel 1223”. 

Nella terra legata al santuario del primo presepe di Greccio, in mostra otto opere d’ arte contemporanea che altrettanti artisti hanno realizzato facendosi ispirare dalla Basilicata e dai tanti elementi che arricchiscono i suoi paesaggi e la vita dei nostri paesi.

In esposizione: Il presepe alluminato di Carlo Lorenzetti, 1998, alluminio; Il presepe foresta di Roberto Almagno, 2001, legno; Il presepe svelato di Ernesto Porcari, 2002, ferro; Il candido presepe di Salvatore Sava, 2006, pietra leccese e ferro; Il presepe dischiuso di Bruno Conte, 2007, legno; Il presepe dono di Giuseppe Pirozzi, 2012, terracotta; Il presepe geometrico di Lucio Del Pezzo, 2013, legno; Il Presepe-Pastorale di Giuseppe Salvatori,. 2016, balsa e tempera vinilica, cm 30x2000.

I presepi sono stati realizzati, nel corso degli anni, da artisti che conoscono la Basilicata, l’hanno viaggiata in lungo e in largo, e sono stati a Castronuovo in più occasioni. Alcuni hanno utilizzato materiali trovati nei boschi lucani e tenendo presente la specificità del luogo dove è sorto il Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller”.

Castronuovo, infatti, ha una solida tradizione, profondamente legata alla radici popolari e religiose del presepe, ma ha ospitato nel corso degli anni artisti contemporanei interessati a innovare la tradizione senza dimenticare i rapporti con gli aspetti spaziali dell’architettura dei nostri borghi, la musica popolare, il peso dell’artigianato attento, nel corso dei secoli, alle molteplici fonti provenienti dai Vangeli, da antiche figurazioni, dagli autori medievali, dalle suggestioni dei luoghi, dalle testimonianze d’arte conservate nelle parrocchie. La Chiesa Madre di Castronuovo, ad esempio, conserva un Bambino Gesù in legno, del sec. XVI, che ha arricchito, per decenni, un grande presepe napoletano.

L’intero programma della Valle dei presepi è stata presentato nel corso di una conferenza stampa svoltasi oggi a Rieti a cui ha partecipato, fra gli altri, l’amministratore apostolico della diocesi di Rieti, monsignor Domenico Pompili, anche in veste di delegato della Conferenza Episcopale Italiana per l’Ottavo Centenario Francescano.

Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller”

Rione Medievale Manca, Castronuovo Sant’Andrea (PZ)

Il museo, istituito nel 2014 e organizzato secondo una forma inedita e innovativa, si sviluppa lungo un percorso espositivo che si snoda tra i vicoli del Rione Manca, il nucleo più antico del centro storico di Castronuovo di Sant'Andrea, e coinvolge grotte, cantine, stalle e case ormai abbandonate che diventano, grazie ad un allestimento che nulla stravolge di questi spazi fermi nel tempo, custodi di oltre 200 presepi (sec. XVII - XXI) provenienti da tutto il mondo, preziosi cimeli raccolti nel corso degli anni dall’editore milanese Vanni Scheiwiller e dallo storico dell’arte Giuseppe Appella, originario di Castronuovo Sant’Andrea. La visita alle 50 grotte-cantine del Rione Manca, infatti, contrassegnate dalle stelle luminose che tracciano il percorso da seguire, oltre a far emergere i diversi interessi collezionistici dei due donatori, permette una vera e propria immersione nella magia del Natale, in ogni periodo dell'anno, rendendo possibile, attraverso la scoperta dei singoli presepi, la conoscenza delle tradizioni iconografiche della natività in uso nelle diverse parti del mondo ma anche il valore etno-antropologico delle grotte-cantine. La collezione raccoglie manufatti italiani (dalla Liguria alla Sicilia) e stranieri (dalla Francia all'Inghilterra e dalla Polonia ai paesi del Nord e Sud America, dell'Africa, dell'Australia, della Cina, della Lapponia, ecc.), con una particolare attenzione all'area lucana, pugliese, calabrese, siciliana, napoletana e sarda che accoglie splendidi presepi di M. e R. Pentasuglia (senior e junior), L. Morano, D. Alighieri Colucci, G. Niglio, G. Mitarotonda, P. Gurrado, R. Padula, I. Gardini, P. Delle Noci, N. A. Balzani, B. e C. Piemontese, L. Gallucci, A. Tripi, G. Serra, F. Monti, R. Esposito, G. Sales, P. Monni, V. Forgia, G. Criscione, A. Capoccia, L. Lazzari, A. e G. Falcone, A. Lentini, G. Totaro, L. De Matteis, I. Scarlatella, C, Perifano, R. Maddaloni, A. Manco, M. Conti, fratelli Colì, A, Mango, F. Delle Site, P. Miccichè, G. Raneri, P. Martina, L. De Filippi , G. Iudici, V. Luciano, M. Lucerna, V. De Donatis, E. Serra, A. Tripi, G. Ferrigno, B. Di Napoli, P. Cascione, V. Rizzo.

A questi artigiani si accompagnano i presepi di artisti come Alina Kalczynska, Carlo Lorenzetti, Giacinto Cerone, Roberto Almagno, Salvatore Sava, Ernesto Porcari, Giuliano Giuliani, Ettore Consolazione, Piero Ragone, Antonio Masini, Franca Ghitti, Gianluigi Giovanola, Bianca Nappi, Nino Ricci, Tito, Ernesto Porcari, Enrico Pulsoni, Saverio Todaro, Claudio Palmieri, Bruno Conte, Luigi Teodosi, Roberto Almagno, Ettore Consolazione, Giulia Napoleone, Barbara Salvucci, Lucio Del Pezzo, Guido Strazza, Bruno Conte, Raffaele Pentasuglia, Carlo Guarienti, Salvatore Cuschera, Angelo Palumbo, Pinuccio Sciola, Maria Lai, Valeria Gramiccia, Carmine Caputo, Giuseppe Pirozzi, Francesca Pirozzi, Clara Garesio, Anna Addamiano, Salvatore Spedicato, Franco Di Pede, Edo Janich, Giuseppe Salvatori, Gregorio Botta, Claudio Nardulli. Molti di questi presepi, concepiti per un tavolo di metri tre di diametro, dal 1995 girano l’Italia, da Trieste a Palermo, messaggeri del grande mistero della Natività e della Lucania.


IL PRESEPE ALLUMINATO DI CARLO LORENZETTI

1998, alluminio, Ø metri 3

La solenne e sacra rappresentazione di Lorenzetti ha poche ma icastiche immagini di uomini e di animali. La vera protagonista è Maria, che distende intorno lampi di vivace leggiadria, senza intaccare il tono del racconto carico di riferimenti al linguaggio teatrale che definisce dimensioni, posizioni, ruoli, unità, stabilità e valore domestico della macchina presepiale per sottrarla all’elemento bucolico, alla finzione, alla polimatericità che, dopo la settecentesca stagione napoletana, ancora la qualifica.  

ALLELUAIA ILLUMINATO

alluminata

plana l’astronave

cattedrale fluorescente

pioggia

di cristalli di rocca

sulla sabbia morbida

girotondo annunciato

dagli angeli laminati

mani nelle mani

argento vivo

accende ancora

attesa la scintilla

sperata

come sempre

canne d’organo

in concerto filodiffondono

la ninna nanna

del Bambino

alleluia Illuminato

alleluia alleluia

allumimia…

Carlo Lorenzetti

Carlo Lorenzetti è nato a Roma nel 1934. Ha studiato all’Istituto d’arte di Roma con A. Gerardi, con il quale si è specializzato nelle tecniche di lavorazione dei metalli. Nel 1959 ha vinto il premio nazionale per la scultura alla mostra dei giovani artisti presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Da allora è un susseguirsi di mostre in gallerie e musei italiani (Roma, Firenze, Firenze, Genova, Venezia, Genova, Parma, Padova, Verona, Modena, Ferrara, Torino, Milano, ecc.) e stranieri (New York, Zurigo, Montreal, San Paolo del Brasile, Alessandria d’Egitto, Colonia, Vienna, Bucarest, Cracovia, Lubiana, Dusseldorf, New Delhi, Tokio, Bilbao, Lòdz, Buenos Aires, ecc. ), comprese le Biennali di Venezia e le Quadriennali di Roma, Ha vinto, nel 1988, il premio “Antonio Feltrinelli” per la scultura assegnato dall’Accademia Nazionale dei Lincei e, nel 2005, il “Premio Presidente della Repubblica” assegnato dall’Accademia Nazionale di San Luca della quale è stato anche Presidente. Nel 2018 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna lo ha celebrato con una grande retrospettiva.


IL PRESEPE FORESTA DI ROBERTO ALMAGNO

2001, legno, Ø metri 3

L’intensità espressiva che risulta da queste forme disegnate nello spazio con mano sicura, con linee franche e rapide, calibrate nelle proporzioni e nei dettagli, passando con scioltezza dalla silhouette della capanna a quella della stella cometa, dell’asino, dell’Angelo Annunciante, dell’albero, del pavone, del dromedario, spande un silenzio e un’armonia che sfora gli angusti confini del presepe e invoca, senza scampo, come diceva Longhi della scultura dipinta del Duecento, la provocazione del colore.

BAMBINO MIO

Bambino mio,

non lasciare la mia vita in balia di ore inutili.

Fa che io non pieghi il mio cuore

al gioco degli altri,

e viva di verità e di poesia.

Proteggimi dalla stanchezza.

Agita perennemente il mio cuore

in un assiduo gioioso stupore.

Aiutami a trovare ciò che cerco

In strade non tracciate,

a scrutare i segni della bellezza

sotto la pelle delle cose,

a sfuggire quanto non fa parte di me.

Fammi ascoltare il silenzio degli alberi,

Bambino mio,

e le mie mani non perdano mai

il contatto con la semplicità della natura.

Roberto Almagno

Roberto Almagno è nato a Aquino (Frosinone) nel 1954. Ha studiato all’Istituto Statale d’Arte di Roma con Giuseppe Mazzullo e all’Accademia di Belle Arti di Roma con Pericle Fazzini.

Ha tenuto mostre personali e collettive in Italia (Roma, Livorno, Pietrasanta, Ferrara, Ascoli Piceno, Ancona, Cagli, Matera, Avezzano, Torino, ecc.) e all’estero (Pechino, Shangai,  Londra, Colonia, Francoforte, Mosca, Bruxelles, Strasburgo, New York), comprese le Quadriennali di Roma e le Biennali di Venezia. Nel maggio 2022 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ha presentato una sua installazione, “Plasmare il disegno”, in cui emerge chiara la ricerca portata avanti negli anni dall’artista: “povera”, essenziale, scevra da orpelli, elegante ma soprattutto, nella sua originalità, in costante equilibrio tra antica sapienza e attualità. Immagini di “assoluta purezza, in cerca dell’essenziale che vogliono narrare”. 


IL PRESEPE SVELATO DI ERNESTO PORCARI

2002, ferro, alluminio e cartapesta, Ø metri 3

Il presepe, costruito soprattutto d’aria che si coagula tra i fili metallici e le vesti di cartapesta, viene come rapito in un luogo remoto, quasi un viaggio nell’aldilà raccontato col ferro e l’alluminio, senza mai perdersi nell’espressione concreta e diretta propria dell’Apocalisse di Giovanni se non della scultura a cui Porcari fa costantemente riferimento.

Quanto l’immagine del presepe sia ora reale, genuina, e non frutto di semplici meditazioni, sono proprio i personaggi a dichiararlo, annunciati, insieme a Gesù Bambino, da quell’angelo che si apre a ventaglio su tutto lo spazio scenico per assorbirne, insieme alla stella cometa, la carica profetica e in tal modo penetrare nel più profondo del cuore umano.

BAMBINO GESÙ

Bambino Gesù,

fa che in questo gioco a nasconderti io ti trovi.

Ascolta le mie parole

di silenzi e di dubbi,

di timori e di imprecazioni.

Se effimero è tutto ciò che è composto

e l’Uomo mandò l’uomo perché lo svelasse,

aiutami a cercarti, ad amarti, senza annoiarti.

Bambino Gesù,

perdona la mia insufficienza,

talvolta la mia stanchezza,

e consolami.

Ernesto Porcari

Ernesto Porcari è nato a Norma (Latina) nel 1951. Dopo la laurea in medicina si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma per seguire i corsi di incisione diretti da Guido Strazza. Da qui nascono l’assidua sperimentazione tecnico-materica e il continuo indagare sullo spazio che lo portano alla scultura.

La sua prima mostra è del 1986 a Roma. Seguiranno nel corso degli anni, mostre personali e collettive in Italia (Genova, Biella, Viterbo, Francavilla al Mare, Torino, Ancona, Cagli, Matera, Ferrara, Alessandria, Bari, Ascoli Piceno) e all’estero (Francoforte). Nel 1999 realizza un’opera monumentale a Roma. La sua ultima personale di sculture e disegni è del 2019 alla Galleria La Nuova Pesa di Roma.    


IL CANDIDO PRESEPE DI SALVATORE SAVA

2006, pietra leccese e ferro, Ø metri 3

Un presepe come omaggio al paese, alla sua gente, alle famiglie di contadini tra i quali era cresciuto e che, senza volerlo, si scoprono collocati al centro del recinto.

Il Bambino, Giuseppe e Maria sono, allora, l’emblema del fuoco domestico, della “casa-famiglia” portata a una sintesi estrema, ridotta a una pura struttura, alla forma squadrata e appena sbozzata della pietra leccese.

L’iterazione dei soggetti, dalle grandi membra e dalle piccole teste, estremamente semplificate e colte in un movimento appena accennato, diventa un vero e proprio motivo plastico quando, ad esempio, affronta la “moltitudine” del gregge. Il candore, che uniforma il Bambino e le pecore raccolte intorno al pastore, diventa il simbolo dell’innocenza perduta e il motivo conduttore di una meditata essenzialità rappresentativa. 

CANDIDO PICCINO

Candido piccino,

nella notte senza luna.

La tua stella mi ha guidato,

con la coda verso su

il sentiero rischiarato,

rischiarato fin qua giù.

 

Nella notte senza luna,

son partito verso il blu,

son partito e son rinato,

son rinato grazie a te,

son partito insieme a loro,

son partiti insieme a me.

 

Nella notte senza luna

Ora freddo più non c’è.

Non c’è freddo nella stalla,

non c’è freddo intorno a me.

Nella notte senza luna

Solo pace chiedo a te.

Salvatore Sava

Salvatore Sava è nato nel 1966 a Surbo (Lecce). La sua formazione è avvenuta tra la città d’origine, Roma e ripetuti soggiorni all’estero. Dal 1990 insegna all’Accademia di Belle Arti di Lecce. La sua prima mostra personale risale al 1983. Seguiranno  le esposizioni di Lecce, Milano, Orvieto, Brindisi, Roma. Nel 2005 ha partecipato alla XIV Quadriennale d’Arte di Roma. Nel 2006 ha vinto il Premio internazionale di scultura “Terzo Millennio” a Erbusco (Brescia) e ha partecipato alla mostra “Scultura internazionale” presso il Castello di Agliè (Torino). Nel 2008 ha vinto il Premio Mastroianni nell’ambito della sesta Biennale Internazionale di Scultura della Regione Piemonte, a Torino. Nel 2010 ha esposto nella mostra “Gualtiero Marchesi e la grande cucina italiana” al Castello Sforzesco di Milano ed è stato presente alla Biennale d’Arte Sacra del Gran Sasso. Nel 2012 ha vinto il Premio Limen Arte per la scultura a Vibo Valentia. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private di importanti istituzioni italiane: la Banca Nazionale del Lavoro di Roma, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la Fondazione Ragghianti di Lucca, la Fondazione Biscozzi | Rimbaud di Lecce che nel 2022 gli ha dedicato una vasta antologica.


IL PRESEPE DISCHIUSO DI BRUNO CONTE

2007, legno, Ø metri 3

Ogni elemento del presepe si dischiude per consentire l’affaccio di parte dei personaggi che si preparano a ruotare intorno al Redentore, alla magia cristallina di tre pagine di un libro trapassato dalla luce e spalancato a raggiera verso tutti gli orizzonti.

Ogni foglio di questi libri, quasi a voler suggerire la sconosciuta o dimenticata ricchezza dei suoi contenuti, non distende solo sagome di personaggi in tensione, non fa emergere dagli angoli fianchi di figure gelate nell’annuncio dell’evento, non ritaglia unicamente gesti contratti tra le pieghe delle pareti. Come negli internari della fine degli anni settanta, costruiti a forma di libri  la cui scrittura era formata da altri libri, Conte in ogni pagina apre finestre dalle quali si affacciano Maria, Giuseppe, il bue e l’asino, l’ala di un angelo o i rami di un albero, la cometa come mano che sorge, un volto, una nube, le genti,  il pastore, il gregge,  i Re Magi, il Mistero nube.

L’OMBRA EMETTE LUCE

Si trasfonde l’evento

l’ombra emette luce

aurora corale

in ogni luogo sorge

nel chiuso di ogni cielo

simultaneo acceso

il bambino

Si può chiedere al bambino

di farci entrare nella moltitudine

accendere in ognuno

la sensazione di tutti

corpo esteso alle genti

nella stringente notte universale

e tra buio e buio

riconoscere una mano e l’altra

mani grigie

dalla lontana pressante marea

trovando silenzio

per ascoltare anche le onde del muro

così da ritrarsi

dal fare male

a se stessi

Bruno Conte

Bruno Conte era nato a Roma nel 1939. Qui è scomparso nel 2021. Aveva cominciato ad esporre nel 1955, alla VII Quadriennale. Sarà presente anche all’VIII nel 1960. Intanto, nel 1956, aveva esposto alla XXVIII Biennale di Venezia. Negli stessi anni elabora immagini con testi poetici. Numerose le mostre personali e collettive in Italia (Firenze, Roma, Milano, Bologna, Macerata, Ferrara, Genova, Urbino, Parma, Termoli, Livorno, Savona, Napoli, Rovereto Torino, ) e all’estero (Basilea, Vienna, Osaka, Parigi, New York, Chicago, Colonia, Barcellona, Ginevra, Londra, Madrid, Berna, Perth, San Paolo del Brasile, Santa Monica, Istanbul). Nel 2018 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di  Roma lo ha celebrato con una antologica. Numerose anche le pubblicazioni letterarie, dai Racconti della serie O, del 1969, ai Racconti altri, del 2019. Le sue opere sono incluse nelle collezioni di tutto il mondo.


IL PRESEPE DONO DI GIUSEPPE PIROZZI

2012, terracotta, Ø metri 3

Trentasei formelle, tutte di cm 33x33, dispiegate sul tondo simile a una volta celeste rovesciata, con al centro, librate verso l’alto, le braccia aperte del Bambino, il volto estatico della Madonna e quello adorante di Giuseppe, apparecchiano doni, simboli, perle di saggezza, annunci, preghiere, inviti: Non temete, oggi nella città è nato il Salvatore.

Quattro cartigli come attributo degli evangelisti, tre uccellini, una stella caduta dalla corona della Madonna per indicare la via verso Betlemme, una pagnotta, tre uova, sette libri aperti e chiusi, due melegrane, un melone, una pigna, una verza, vasi, orci, anfore e brocche, cinque pesci, le rovine dei templi smantellati per costruire una nuova Gerusalemme, la navicella con l’incenso, due barrette d’oro, la conchiglia. Pirozzi ha sintetizzato secoli di iconografie e lunghe meditazioni, sottraendosi al brulicante coacervo del Presepe Cuciniello. I dettagli narrativi sono intercambiabili, Gli oggetti si posizionano per sostenere e esaltare la triade che dall’alto socchiude gli occhi sulle nostre angosce quotidiane. Nel silenzio, in un angolo, la colomba becchetta sulla creta la parola Speranza

CARO GESÙ BAMBINO

Caro Gesù Bambino,

con le mie mani terra ho scavato.

Con le mie mani acqua ho sollevato.

 

Con le mie mani

forze antiche ho ascoltato

e i miei pensieri plasmato.

 

Con le mie mani

la tua culla ho forgiato.

Con le mie mani

in una grotta t’ho adagiato

e di ogni bene t’ho circondato.

 

Con le mie mani

le tue mani ho cercato.

Le tue mani, infine, ho trovato

perché una stella qui mi ha guidato,

Giuseppe Pirozzi

Giuseppe Pirozzi è nato a Casalnuovo di Napoli nel 1934. La sua attività espositiva inizia nel 1954. È presente , tra il 1954 e il 1960, al Premio Olivetti, al Premio Gemito, al V Premio Spoleto, al Premio Avezzano, al Premio del Ministero della P: I. e alla VIII Quadriennale di Roma. Da questo momento, si susseguono i premi e le mostre a Ancona, Milano, Termoli,  Firenze, Padova, Carrara, Bologna, Lissone, Roma, Macerata, Messina, Matera, Cagliari, Antille Olandesi, L’Aquila, Palo Alto, Los Angeles, Brescia, Bruxelles, Boston. Palermo, Padova, Brescia, Marsiglia, Rimini, Torino. Molte le opere monumentali realizzate in questi anni a Roma, Perugia, Lecce, Rossano Calabro, Palinuro, ecc. Nel 1980 vince il Premio “Guido Dorso”. Del 2006 è la sua mostra antologica in Castel Nuovo, a Napoli, del 2021 la partecipazione alla LIV Biennale di Venezia.


IL PRESEPE GEOMETRICO DI LUCIO DEL PEZZO

2013, legno,  Ø metri 3

Del Pezzo prima ha disegnato il presepe, poi lo ha tradotto in ceramica, quindi in legno. Intanto, non ha sostituito Napoli a Betlemme, non ha scavato nei magazzini di via San Gregorio Armeno e neppure si è fatto condizionare dalle  icone del nostro secolo, una sorta di fusione dada-pop dove popolare è inteso tutto in senso meridionale, tra manichini grotteschi e tavole del ricordo. Non ha rinunciato al rito dell’analisi e del rigore, perciò ha tracciato linee e costruito forme all’insegna della geometria, prima di fare ha progettato per vedere, trasferendo nel taglio del legno, e nel colore depositatovi, tutto l’esercizio linguistico messo in atto nel corso di mezzo secolo. Soprattutto, non ha perduto il gusto di un costante interrogarsi e interrogare i segni della realtà, i simboli del grande mistero nello spazio fantastico, arcano ed enigmatico del presepe.    

CARO GESÙ BAMBINO

Caro Gesù Bambino,

con questa mia preghiera

ti chiedo di liberarci

da ira, accidia e superbia,

e renderci più consapevoli

di vivere insieme

e fare in modo che la nostra vita

sia più in armonia con il creato

e coi nostri simili.

Grazie e così sia.

Lucio Del Pezzo

Lucio Del Pezzo era nato a Napoli nel 1933 e si è spento a Milano nel 2020.  Nel 1954 ottiene una borsa di studio per ricerche archeologiche in Grecia. Nel 1955 tiene la prima mostra personale a Padova. Nel 1958 fonda con Biasi, Di Bello, Fergola, Luca e Persico il “Gruppo 58” e la rivista “Documento-Sud” collegati ai gruppi d’avanguardia “Nucleare” di Milano, “Phases” di Parigi, “SPUR” di Monaco e “BOA” di Buenos Aires. Nel 1958 organizza anche la sua prima mostra all’estero, a Stoccarda. Nel 1960 si trasferisce a Milano e allestisce una personale nella Galleria di Arturo Schwarz. Seguono le mostre a New York e alla XII Triennale di Milano. Nel 1964 si trasferisce a Parigi e nel 1968 presenta la sua prima personale. Nel 1970 inizia a collaborare con l’Olivetti, nel 1974 grande antologica alla Rotonda della Besana di Milano. Intenso il rapporto con la Galleria Marconi. A partire dal 1980 segue una serie di incarichi didattici a Milano e viaggia in India, Nepal e Polinesia. Nel 2000 prepara quattro grandi rilievi ceramici e una plastica in bronzo per due stazioni della Metropolitana di Napoli. L’ultimo omaggio dello Studio Marconi al suo lavoro è del 2018 a Milano.


IL PRESEPE PASTORALE DI GIUSEPPE SALVATORI

2016, balsa e tempera vinilica, cm 30x2000

Salvatori mette in scena il Natale toccando tutti i generi espressivi, rivelando e nascondendo al tempo stesso, ispirandosi a una visione simbolica della vita. Si mette in cammino, con gli occhi e con la mente, girando intorno a se stesso e moltiplicando all'infinito il percorso non solo religioso ma etico e sociale. La drammatizzazione a più temi, a scene contigue, tutte piene e vuoti, inanellate e svelate sul tavolo circolare che ci invita a ruotare, a compiere una sorta di periplo intorno all'antologia di figure senza volto o ombre di se stesse, gli animali - "la terza anima del mondo e che hanno, senza peccato, seguito l'uomo nell'esperienza terrena" - gli insetti, gli oggetti, le cose, tutte in nero, verde, azzurro, rosso e marrone (Giuseppe e Maria, il Bambino che gioca col pappagallo, gli angeli che si arruffano fuori dalla capanna, il pastore e la sua pecora abbandonati accanto a una barca che ha perso il suo carico, i pifferai che suonano come se cercassero il cammino, il bue e il tacchino, il gallo, il pavone e farfalle, la pecora, la lucertola e il filo d'erba, la mela, le mani e il confessionale, i coltelli, la spada e la luna, i fiori che sbocciano, le uova e la croce, il pastore che gira le spalle allo stupore...), è propria delle visioni poetiche che non ripudiano la tradizione ma la innovano sommando gli stati d'animo, le schegge d'invisibile, all'invenzione formale, la realtà di ieri a quella di oggi.

PASTORALE DI NATALE

Bambino Gesù

caro,

Tu come noi

sei nato al sole

del gioco pazzo,

alla rincorsa 

delle ore in tondo.

Adesso, coi promossi

e no, ti dico

del debito celeste

l'infinita promessa,

l'ultima Sua traccia

e Tua geometria più dura,

quella del legno aperto:

chiodo padre

lacrima madre

Altro non so che

testimoni qui stiamo,

nati nell'ora che nasci

e per sempre.

Amen.

Giuseppe Salvatori

Giuseppe Salvatori è nato a Roma nel 1955. Esponente del ritorno alla pittura figurativa alla fine degli anni Settanta, nel 1980 partecipa alle due mostre pubbliche ricognitive sulle ultime tendenze dell'Arte italiana contemporanea: a Bologna, alla Galleria Comunale d'Arte Moderna, con i Nuovi-Nuovi  di R. Barilli e a Ferrara, alla Loggetta Lombardesca, con Italiana: la nuova immagine di A. Bonito OlivaLa sua ricerca espressiva nasce da una appassionata  rivisitazione dell'arte italiana del primo quarantennio del Novecento, riagganciandosi in special modo alla Metafisica. Tra il 1987 e il 1988 passa alla tecnica della tempera, che gli permette di realizzare opere di più ampie dimensioni, come ad esempio quelle presentate alla Biennale di Venezia del 1990. Ha esposto in Italia e all'estero, nelle maggiori galleria d'arte e in diversi musei. 

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