Le forme del mito: 40 disegni e 8 sculture di Joaquín Roca Rey
ospitati nei Musei del Sistema ACAMM
La mostra antologica, a cura di Giuseppe Appella,
coglie il meglio del linguaggio moderno, tra mito e ritualità
Museo Russotto di Aliano, Mig di Castronuovo Sant’Andrea,
Musei MAM di Moliterno, Fondazione Sinisgalli di Montemurro
5 luglio - 4 novembre 2018
Dal 5 luglio al 4 novembre 2018, i musei del Sistema ACAMM (Aliano, Castronuovo Sant’Andrea, Moliterno, Montemurro), in contemporanea con il Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese – Roma, ospitano la mostra antologica di Joaquín Roca Rey, Le forme del mito, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con il patrocinio di Embajada del Perú en Italia.La cura della mostra è dello storico dell’arte Giuseppe Appella. Servizi museali di Zètema Progetto Cult.
Saranno esposti 40 disegni e 8 sculture datati 1956–2001 che, evidenziando l’indagine formale, tra mito e ritualità, sono riuscite a cogliere il meglio del linguaggio moderno. Dal natio Perù a Roma, le opere di Roca Rey si liberano dell’involucro preincaico di magia e ritualità (assemblage di ferro, forgiato con evidente realismo e poi alluminio, ottone, acciaio, onice, bronzo, marmo, travertino) senza abbandonare il mito ritrovato nelle forme più avanzate della contemporaneità, come a dire la scultura di Chadwick e di Moore, di Hare e di David Smith, la pittura di Magritte e di Lam, rivisitati nell’architettura di Roma, nel suo rigore e nella sua enfasi, con una visionarietà carica di turbamenti, memorie e sogni.
È il momento in cui gli Incas, i Maya, gli Atzechi, il barocco latino americano si confrontano con Roma antica e Roma seicentesca riconoscendovi attinenze di sacralità sessuale subito esplicitata in allusioni misteriose e ironiche, nel totem elevato a simbolo dell’identità tra uomo e cosmo, elemento soggetto alle continue trasformazioni di una fantasia tra le più vive della scultura del secolo appena trascorso. Fantasia che permette a Roca Rey, in una perenne estensione di dualismi, contrasti e ambiguità, resi evidenti anche dalla scelta dei molteplici materiali utilizzati spesso insieme, una sorta di scambio tra leggerezza e solidità, pieno e vuoto, concavo e convesso, eros e gioco, inquietudine e malinconia, negativo e positivo, vita e morte, tipiche del surrealismo o, meglio, degli automatismi del subconscio travasati nel progetto della composizione e, non prive di inquietante ironia, nelle relative invenzioni formali.