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Ciò significa anche che l’arte religiosa non debba isolarsi dal contesto di quella, viva, del proprio tempo, appropriandosi anzi dei fermenti di maggior innovazione che ne consentono un continuo sviluppo. Interpretazioni, queste, piuttosto affini alla poetica di Raffaele Pentasuglia, artista materano che, guardando proprio al fumetto, ha realizzato, per il Museo Internazionale del Presepio "Vanni Scheiwiller", il “Presepe Preghiera”. A Pentasuglia, che ammette di essere ateo, di non riuscire a pregare, interessa la figura umana nelle sue molteplici modulazioni, ma non vuole interpretarla nel modo tradizionale.  I suoi personaggi sono tutti bloccati in un gesto o in un cipiglio, guardano titubanti, non vanno verso il Bambino, non portano doni, hanno lasciato il villaggio per i loro traffici quotidiani, si chiedono il perché della luce senza vedere la stella cometa. Proprio come il loro artefice che, con la sola forza delle mani e della creta, non si sottrae alla possibilità di usarli come punto di partenza di una incontro possibile.

A costo di non sentirsi in colpa se i personaggi si muovono sull’onda di una antica passione per i fumetti e il guerriero Asterix, il trasportatore di menhir Obelix, il cane Idefix, il mezzo pirata Grandimais, lo aiutano a muoversi contro Cesare, per spezzare i tanti fili rossi che lo tengono ancorato alla terra. Pentasuglia descrive senza scivolare nella caricatura, nonostante i personaggi rimandino espressioni proprie degli irascibili, dei beffardi, dei guastafeste, sempre presenti nel mondo di Asterix. Affida al modo personale di lavorare la materia le possibilità di reagire alle tendenze formalistiche e artigianali dei suoi predecessori.

Manzù e Pentasuglia, pur così distanti l’uno dall’altro, di fatto aderiscono alla teoria di un cristianesimo globale, non tanto dal punto di vista estetico, quanto da quello etico, perché entrambi sembrano parlare di arte come veicolo di riscatto dell’umanità. La testimonianza offerta da Manzù per un’arte d’opposizione al cattolicesimo gerarchico e repressivo di una Curia che, dalle Crocifissioni e Deposizioni in poi, non fa che ostacolarlo ed attaccarlo, e che, al contrario, si apre in senso universale, testimoniando l’equivalenza del dolore del Cristo con quello del Partigiano nel comune destino di morte, sembra davvero, sotto tale profilo, corrispondere alle 'istanze religiose ed estetiche' di Raffaele Pentasuglia laddove rivendica la difficile autonomia dei due ruoli di arte e fede, destinati a convivere in un complesso ma indispensabile equilibrio. Il prevaricare dell’uno sull’altro, a dirla con Maritain, recherebbe danno alla loro arte.

 

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